Questo aspetto solleva un dubbio. Infatti il secondo comma dell’art. 1120 c.c., rinviando alla maggioranza prevista dal secondo comma dell’art. 1136 c.c, stabilisce che, “nel rispetto della normativa di settore”, le innovazioni aventi per oggetto le opere e gli interventi finalizzati al contenimento del consumo energetico degli edifici, possono essere adottate con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Senonché l’art. 28 della legge di riforma ha modificato il quorum previsto dal secondo comma dell’art. 26 della L. 9/1/1991, n. 10, che nel testo riformato prevede che gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico, individuati attraverso un “attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato”, possono essere approvate con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio (334/1000). Pertanto, se il Legislatore non è incorso in una svista, se ne deduce che abbia voluto introdurre una distinzione tanto sottile quanto discutibile.
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